domenica 4 dicembre 2011

19 settembre 2005

È la luce che mi frega. Quella luce saccente che mi tamburellava sul corpo che muovevo su di te. Ero una specie di blob emozionale, strisciavo piena di sentimentalismo fuorviante, priva di difese com’ero. Tu mi assecondavi, mi leggevi in controluce per rintracciare segnali divini. Io ti avrei anche masticato volendo. Ero così presa. Innamorata nel vero senso della parola. Scappiamo insieme adesso che siamo vecchi e soli. Perché non provare a rassegnarsi a quello che è successo? Spaccalo il vetro. E prendimi. Impediscimi di pensare ad altre persone. Obbligami a esserti fedele, mettimi nella spiacevole condizione di doverti dire bugie per guadagnare libertà. Prendimi la nuca e imparala a memoria. Io sono più piccola di te e tu puoi dominarmi. Lottiamo. La forza contro l’intuito, la paura contro l’orgoglio. La dolcezza contro l’ironia, la dissacrazione contro l’adorazione. Lasciati inseguire. Ti prenderò e ti scaraventerò contro tutti i bisogni che ho e tu sarai spezzettato come I might be wrong. Chiedimi spiegazioni, chiama ragazzini tutti quelli di cui mi circonderò pur di riempire i vuoti che lasci quando ti scagli su di me. Sei così violento che lasci un’impronta profonda come mangiare tutto in un sol boccone ‘che pare la bocca sia infinita. Sii scorretto per farmi del male, fammi del male per avere potere. 
Io sono fluida io mi sposto. Passo attraverso le fessure delle porte in alluminio. Io sono la tua mamma che rinuncia alla facoltà di sgridarti per una volta. Perché ricorda di quando ti aveva in grembo ed era tutto troppo dolce e si sentiva esplodere di vita e di pugni piccoli come l’incertezza che si può provare in vista di un dolore troppo grande e lacerante. Se ricordi perdoni. Un uomo e una donna si incontrano e sono neutri, non hanno nessun valore l’uno per l’altra. Sanno solo dire se guardare nella reciproca direzione è bello oppure no. Poi succede che ci si avvicina. E a volte quando va proprio tutto bene si regalano all’altro le armi giuste per poter essere feriti con successo. Regalare all’altro la possibilità di decidere dei tuoi malesseri è un po’ come infilare una fede al dito. Quando si arriva al punto in cui tutto pare vuoto, quando anche quel dolore così santo e bello sembra senza senso, vuol dire che qualcosa non va. Vuol dire che qualcuno ha barato e ha fornito all’altro armi di cartone. 
Oppure semplicemente basta ripercorrere a ritroso tutto quello che ha preceduto la consegna delle armi. Perché è quello che conta, il modo e non la cosa, la strada e non la casa. 
Siamo io e te. Io sono la strada per la tua casa e tu sei la mia casa. Senza strada io sono un atomo a cui è preclusa ogni possibilità. E senza casa la strada è solo un elegante esercizio di stile di un ingegnere troppo romantico per tenere presente che le cose valgono zero se non possono essere usate secondo i motivi per cui sono state costruite. Usami come devi, ho una missione, non mi è dato stare qui come ornamento brutto. Un mestolo è perfetto finchè raccoglie brodo. Quando viene usato per simulare una chitarra è solo un infelice fallimento.

Nessun commento:

Posta un commento